lunedì 1 novembre 2010

"Quando quest'aggeggio toccherà le 88 miglia orarie, ne vedremo delle belle."


Avevo cinque anni quando Ritorno al Futuro uscì nelle sale. Lo vidi un paio d'anni dopo in tv ed entrò subito nella cerchia ristretta dei miei film preferiti insieme a titoli del calibro di Star Wars, Superman, I Predatori dell'Arca Perduta e Ghostbusters, autentiche icone del cinema anni '80 che, oltre a segnare un'epoca, hanno cambiato radicalmente il cinema d'intrattenimento. 

Reduce dal successo di All'Inseguimento della Pietra Verde, Robert Zemeckis propose lo script all'amico e produttore Steven Spielberg che lo trovò assolutamente perfetto per tematiche e dinamiche che bilanciavano avventura, commedia e fantascienza. Elementi che dimostrano che per fare un buon film non bastano gli effetti speciali, che in Ritorno al Futuro giocano pure un ruolo importante ma non fondamentale. Occorre innanzitutto una bella storia. 

Ci si identifica subito col protagonista, Marty McFly, un qualunque ragazzo degli anni '80, che gira in skateboard per la cittadina di Hill Valley, arriva tardi a scuola, vorrebbe fare il musicista, è innamorato della sua bella Jennifer e vuol bene alla sua scalcinata famiglia. Antieroe destinato ad essere eroe per caso, Marty è il personaggio in cui Michael J. Fox viene ancora oggi maggiormente identificato e per il quale, all'epoca, si massacrò di lavoro trascorrendo otto ore al giorno sul set della sit-com Casa Keaton, le successive otto su quello di Ritorno al Futuro, dormiva le restanti otto e ricominciava il giorno successivo. 

A formare con lui una delle coppie più spassose e improbabili che si siano mai viste nel cinema d'avventura è il carismatico comico Christopher Lloyd nei panni dello spiritato ma simpaticissimo scienziato Emmett L. Brown, detto Doc. Talmente improbabile che mi sono sempre domandato in quale occasione questi due personaggi, così diversi l'uno dall'altro, possano aver stretto amicizia. 

Vera e propria icona della pellicola è la macchina del tempo che, inizialmente, avrebbe dovuto essere uno sgangherato frigorifero modificato. Temendo, però, che qualche bambino, per spirito d'emulazione, si chiudesse in un freezer, Spielberg e Zemeckis optarono poi per una più pratica, dinamica ed elegante DeLorean, che risultò funzionale e vincente nella parte action. 

Concordo con George Lucas quando dice che la colonna sonora è il 50 % di un film perché ne costituisce l'impronta emotiva. Così, se gli anni '80 sono perfettamente inquadrati dalle canzoni rock di Huey Lewis, le ormai celeberrime The Power of Love e Back in Time, quando Marty salta a bordo della DeLorean e finisce negli anni '50 entra in azione l'orchestra di Alan Silvestri a dare una svolta epica al tono del racconto con un tema musicale che è diventato leggenda. 

Tornato all'epoca in cui i suoi genitori avevano la sua età, Marty interferisce con il loro incontro e sua madre s'innamora di lui. Questa l'idea semplice e geniale che regge da sola tutto il film. Il contrasto generazionale è fortissimo. George e Lorraine, padre e madre di Marty, interpretati dagli azzeccatissimi Crispin Glover e Lea Thompson, inverterbrato vessato dal capufficio lui e alcolizzata lei, nel '55 sono un imbranatissimo nerd e una ragazza ribelle senza alcuna speranza di stare insieme. E il capufficio vessatore in questione era anche il bullo che li tormentava da ragazzi, il pericoloso Biff, che costituisce l'elemento di conflitto in quella che altrimenti sarebbe solo una commedia romantica. 

La scena in cui Biff e i suoi compagni, a bordo di una Ford, inseguono Marty su un improvvisato skateboard viene resa dall'inventiva di Zemeckis e dalla musica di Silvestri una perla action degna di un film di Indiana Jones rimasta negli annali del cinema d'intrattenimento. 

La parte comica si accentua nell'incontro tra Marty e il Doc del '55, lo scontro tra le culture di due epoche differenti danno vita a battute comiche d'antologia. Ma c'è anche la tenera storia d'amicizia tra i due, con Marty che tenta invano di mettere in guardia lo scienziato sulla tragedia che lo investirà. 

La componente fantascientifica del film sta tutta nel piano di Doc per ricaricare la DeLorean e rispedire Marty a casa. Ne vien fuori una delle sequenze più cervellotiche, esaltanti e al cardiopalma di sempre. 

Riproposto in versione rimasterizzata per il venticinquennale, Ritorno al Futuro, ancor più che un capolavoro, è un classico immortale che ha saputo creare un universo con il suo linguaggio e le sue regole toccando temi universali nei quali ognuno si potrà sempre identificare.


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