domenica 25 agosto 2013

Drinking Buddies - La recensione emotivamente coinvolta


Avrei tutti i motivi per detestare questo film.

Joe Swanberg è uno di quei registi che si propongono di raccontare storie reali(stiche) in maniera realistica. Addirittura, il film non aveva una sceneggiatura e gli attori hanno improvvisato scena per scena per conferire maggior credibilità e spontaneità ai personaggi.

É un modo di fare cinema contrario alla mia filosofia e tipica dei piccoli film indipendenti.




Posso apprezzare storie reali raccontate in maniera romanzata, come fa Spielberg coi suoi Schindler's List e Lincoln o Ron Howard con Apollo 13 e Cinderella Man.

Oppure trovo affascinanti storie di pura fiction raccontate in maniera realistica, vedi alla voce mockumentary.

Ma se voglio vedere la realtà quella vera, mi guardo un documentario, un tg (non Studio Aperto) o mi affaccio dalla finestra.

Intendiamoci, non è che sia nemico del genere e ci sono prodotti di questo tipo che mi sono anche piaciuti. Dico solo che quando vado al cinema mi piace vedere film più... nerd. Un buon compromesso sono i film di Kevin Smith, o quel gioiellino che è Fanboys.

Altro motivo per cui questo film poteva starmi sulle scatole è che sono astemio e detesto gli alcolici. Non mangio nemmeno i dolci se contengono alcol.

Soprattutto mi stanno sulle palle quei beoti che vengono a raccontarti con insopportabile aria divertita e autocompiaciuta di essere reduci da una megasbronza.

Bravi.

No, bravi.

Che volete, una medaglia?

'nsomma, avete capito che se non ci fosse stata Gliviuccia, 'sto film l'avrei trascurato senza grossi problemi.

Ora, ci sono un paio di cose da dire circa il mio rapporto con i film in cui c'è Olivia.



Anzitutto, la sua presenza non ha mai influenzato i miei giudizi. Ho promosso Tron Legacy contro il parere della maggioranza dei critici perché lo ritenevo e lo ritengo ancora un ottimo film. Certo, Olivia è stato il valore aggiunto. D'altronde la scelta degli attori è importante anche per questo.

É altresì vero che le ho stroncato The Next Three Days, Cowboys & Aliens, In Time, The Words e Deadfall. Certi suoi film mi sono perfino rifiutato di recensirli tanto erano brutti e l'ultimo The Incredible Burt Wonderstone, con Jim Carrey e Steve Carell, è stato un tale flop in patria che non è mai arrivato in Italia. In effetti era bruttino, anche se Gliviuccia era adorabile. 

Se il mio giudizio critico riesce a mantenere il giusto distacco, altrettanto non si può dire però della mia condizione emotiva che è sempre fin troppo coinvolta.

In fin dei conti Olivia m'ha cambiato la vita, me l'ha salvata in un periodaccio buio, è sempre una grande fonte d'ispirazione, la seguo tutti i santi giorni da quattro anni, ci confrontiamo su Twitter, sono stato sul set di Third Person a vederla lavorare e Tao, l'ex-marito, è un amico, l'ho intervistato e m'ha pure offerto da bere. 

Un the. Tiè.

Come faccio a non sentirmi emotivamente coinvolto?

I film con Gliviuccia cerco di non guardarli mai in sala. Mi danno fastidio i commenti su di lei e, se sento qualche apprezzamento volgare, rischio di mettere le mani addosso al poeta della situazione. Anche gli amici e colleghi usano prudenza nel parlare di Olivia davanti a me. Più che altro cercano di non parlarne e, se lo fanno, mostrano il giusto rispetto. E io gliene sono grato.

Qualcuno non s'è dimostrato altrettanto sensibile e s'è giocato l'amicizia con me, per quanto possa interessargli.

E veniamo al film.

Gliviuccia interpreta Kate che lavora in una birreria ed è fidanzata con Chris, un discografico che ha il volto di Ron Livingston, appena visto in The Conjuring. É evidente che la storia tra i due si trascini stancamente.



Kate ha invece un incredibile feeling con il collega Luke (Jake Johnson), felicemente fidanzato con Jill (Anna Kendrick).



Le due coppie vanno a trascorrere un week-end in uno chalet tra i boschi, trovano il Necronomicon, Gliviuccia si trancia via una mano, si innesta la motosega nel braccio e fa a pezzi gli altri tre indemoniati.

No?

No.

Chris e Jill devono combattere contro gli zombi nello chalet e scoprono che si tratta di un'installazione dell'Umbrella.

Come?

Ah, non sono Chris Redfield e Jill Valentine?

Vabbè.

Complice qualche birra di troppo che rende tutto un po' più sfocato, Kate ci prova inutilmente con Luke mentre ci scappa un bacio tra Chris e Jill.

Le conseguenti complicazioni reggono su una persistente tensione sentimentale fatta di chiacchiere, bisticci e silenzi imbarazzanti durante i quali l'elemento birra fa solo da catalizzatore. Il film non cerca il facile colpo di scena né vuole compiacere il pubblico. Anzi, lascia i personaggi incompiuti, in eterno divenire, impantanati nella vita e nelle beghe di tutti i giorni.



La performance di Olivia è stata definita, a ragione, come la più grande della sua carriera ed è lei a caricarsi gran parte del film sulle spalle. Abituata a maratone d'improvvisazione per beneficenza, ha tracciato un personaggio genuino, acqua e sapone, togliendosi di dosso quella maledetta patina da bomba sexy che odio con tutte le mie forze e che le ha zavorrato la carriera negli ultimi due anni. 



Quella sullo schermo è, per gran parte, la Gliviuccia più autentica e adorabile, tosta, simpatica, compagnona, giocherellona, golosona e spiritosa, in grado di sopravvivere in un ambiente di soli uomini.



Poi, però, Gliviuccia finisce e inizia Kate.

E sono dolori.

Perché Kate, alla lunga, è il personaggio di Olivia che ho trovato più sgradevole. Non totalmente sgradevole, intendiamoci, ma a un certo punto ti viene istintivo mandarla aff... Ci prova con Luke mentre sta ancora con Chris. Due scene dopo, lasciata da Chris, ha un rapporto occasionale con un collega. Quindi prova pateticamente a tornare con Chris. Chiaramente è confusa e non sa cosa vuole.



In alcune interviste, Olivia ha dichiarato: "Kate è un casino. É una versione di me se le cose nella mia vita fossero andate male."



Insomma, per parafrasare Han Solo: "Non so se ucciderla o innamorarmi di lei."

Ma il capolavoro di Gliviuccia sta proprio nello sfaccettare in maniera così tangibile e sincera un personaggio talmente complesso da stimolare affetto e antipatia al contempo.

L'alchimia con Jake Johnson è totale. Il suo Luke è il personaggio per il quale ho provato maggior empatia. Instaura un rapporto ambiguo con Kate facendole da contraltare, controllato, consapevole, comprensivo, protettivo, con delle punte più smussate di immaturità, più un fratello maggiore, un compagnone di bevute, appunto, che un amore vero e proprio. 



Per questo motivo tra loro due non può funzionare.

Certo, il film ha i suoi difetti. Portare avanti una storia a braccio, in questo caso attraverso l'improvvisazione, seppur con il traguardo ben chiaro in testa, finisce spesso per indebolire la struttura narrativa.

Il flirt tra Chris e Jill si rivela inutile, forzoso e privo di grossi risvolti. I due personaggi vengono lasciati molto in disparte e l'evoluzione della storia riguarda soprattutto Kate e Luke. Alcuni passaggi risultano inoltre un po' troppo affrettati.



Di solito sceneggiatura e performance attoriali si giudicano separatamente. In questo caso sono le performance a fare la storia, interpretazioni di pancia (piene di birra) che rendono la pellicola un'interessante operazione sperimentale, un'indagine piena di onestà e priva di qualsiasi fronzolo sulle complessità della sfera sentimentale.

Gliviuccia è semplicemente perfetta. Dopo tanti flop, finalmente un film che ha già soddisfatto i critici e che sta trovando anche un buon riscontro di pubblico. Un motivo in più per essere orgoglioso della mia Musa.

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