venerdì 12 febbraio 2010

"Come l'eco di un sussurro quando ti addormenti."


Si può pensare che dopo essersi imbarcato nell'impresa titanica di trasporre Il Signore degli Anelli, portare sullo schermo il breve romanzo di Alice Sebold sia stata una passeggiata per Peter Jackson. Niente di più falso. Certo, lo sforzo produttivo è imparagonabile ma trattare tematiche così intime e profonde come l'accettazione della morte, propria e dei propri cari, della pedofilia e dell'infanticidio, farebbe tremare i polsi a qualsiasi sceneggiatore. 

Ma Peter Jackson, la moglie Fran Walsh e Philippa Boyens non sono sceneggiatori qualsiasi. Hanno già dimostrato di possedere una sensibilità ed un'empatia tali da riuscire ad infondere un'anima anche a personaggi in computer grafica come Gollum e King Kong. E, dove la sceneggiatura non può arrivare, Peter Jackson rimedia col suo stile di regia. Nelle sue mani la macchina da presa diventa un'entità astratta, un occhio che spia dal buco della serratura, che vola, che s'insinua, che si nasconde perfino. 

La storia è risaputa. La piccola Susie, un'espressivissima Saoirse Ronan, viene violentata e uccisa da un vicino di casa, una sorta di inquietante Ned Flanders interpretato magistralmente da Stanley Tucci, candidato all'Oscar. Mentre i genitori della piccola, i bravissimi Mark Wahlberg e Rachel Weisz, devono combattere il trauma e fare in modo che non distrugga la loro famiglia, Susie si ritrova in un limbo dagli scenari onirici e suggestivi e rifiuta di compiere l'ultimo passo verso i "Rifugi Oscuri" prima di aver aiutato i suoi cari a catturare l'assassino. A spezzare la tensione e la malinconia, irrompe Susan Sarandon, nel ruolo di una spassosissima nonna fuori di testa, alcolizzata e fumatrice accanita. 

Un film commovente che, pure nella sua drammaticità e nei momenti thrilling, non risulta mai opprimente.


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