venerdì 19 febbraio 2010

Un lupo mannaro portoricano con le pulci


Definirlo un brutto film sarebbe ingeneroso. Dire che è un gran bel film sarebbe esagerato. Dirige Joe Johnston, figlio della premiata ditta Spielberg-Lucas, premio Oscar per gli effetti speciali de I Predatori dell'Arca perduta e regista perlopiù di film dalla trama risicata ed incentrati sugli effetti visivi quali Jumanji e Jurassic Park 3, ma ha anche saputo stupire con Rocketeer ed Hidalgo ed è al lavoro sul prossimo Captain America

Subentrato a Mark Romanek, che ha abbandonato il set per divergenze creative con la produzione, Johnston ne ha passate davvero di tutti i colori per condurre in porto questo film, costretto a rimaneggiare la sceneggiatura, aggiungere, tagliare e rigirare alcune scene. La pellicola è andata incontro a ben quattro rinvii ed è finita inevitabilmente per essere ridimensionata. 

Remake de L'Uomo Lupo del 1941, con Lon Chaney, Wolfman non spaventa neanche un po' e il protagonista, interpretato da Guillermo Del Toro, vittima di un'infanzia tormentata, più che una bestia assetata di sangue, risulta una sorta di incredibile Hulk per il quale si tende a fare il tifo, un mostro braccato che attacca solo i cattivoni che lo perseguitano e lo torturano fino all'immancabile scontro finale tra lupo mannaro buono e lupo mannaro cattivo. 

Gli ingredienti di contorno sono i soliti: la damigella spaventata e innamorata, l'investigatore di Scotland Yard che dà la caccia al mostro (dopo aver fallito quella a Jack lo squartatore...), un padre portatore di una tara "non" ereditaria (e qui la coincidenza è un po' troppo forzosa). Non vi sto spoilerando, si vede già nel trailer. E poi, naturalmente, i soliti personaggi pittoreschi tipici del polpettone gotico, armati di forcone nella brughiera e di elettroshock nel manicomio londinese, senza dimenticare gli zingari portatori di maledizioni. Sprecati Anthony Hopkins e Hugo Weaving che contribuiscono, però, a tenere a galla un compitino senza infamia e senza lode.

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