martedì 1 giugno 2010

"Se sei solo, sei come un morto vivente."


Ci sono due tipi di parodie horror. Quelle eccessivamente demenziali, piene di volgarità stupidissime che faccio fatica a digerire, alla Scary Movie per intenderci, e quelle più colte e raffinate, naturalmente rarissime, come l'inglese L'Alba dei Morti Dementi (Shaun of the Dead). Ecco, Zombieland sembra un po' il tentativo di realizzare uno Shaun of the Dead in versione americana. 

Laddove Edgar Wright e Simon Pegg mettevano alla berlina gli stereotipi britannici, uno su tutti il pub come luogo di ritrovo, qui Ruben Fleischer se la prende con l'America del consumismo, come Romero fece col suo Zombi, ponendo l'accento sulla trascuratezza dei rapporti umani. 

I quattro protagonisti si fanno chiamare come le località da cui provengono. Columbus è un giovane nerd terrorizzato dal mondo esterno (e dai clown). La solita epidemia di zombi lo costringe a mettersi in viaggio per raggiungere Columbus, appunto, alla ricerca dei suoi cari e deve affidarsi ad una serie di regole da lui inventate per sopravvivere ai morti viventi e, più che altro, mantenere il controllo. 

Durante il viaggio, incontra Tallahasse che, naturalmente, è il suo esatto opposto, un duro macellazombie che vuole affogare il dolore per una perdita personale nei budini Twinkle e sfogare la sua rabbia sfasciando tutto quello che gli capita a tiro. Alla strana coppia si uniscono le sorelline truffatrici Wichita e Little Rock che cercano invece di raggiungere una specie di Disneyland sgombra dagli zombi. 

Nell'avventura on the road, inevitabili le soste ai minimarket popolati di morti viventi puntualmente obesi e tappa ad Hollywood per un memorabile incontro con Bill Murray che vale da solo il prezzo del biglietto. 

Nonostante qualche buonismo di troppo, è un film divertente e ben ritmato, pieno di gag pungenti e spassose invenzioni registiche. Il tono grottesco è accentuato da uno splatter-gore di ottimo livello. 

Va giù come un bicchiere d'acqua.



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