sabato 11 settembre 2010

"Sono i soldati a versare sangue e a dare la morte. Gli dei restano immacolati."


Dopo aver visto i suoi primi tre lavori, mi sono domandato se Neil Marshall fosse un ottimo regista o una grossa fregatura e questo Centurion non fuga i miei dubbi. Nonostante sia divenuto un piccolo cult, Dog Soldiers, il suo primo film, non mi ha mai convinto. Al contrario, The Descent è stato il miglior horror dell'ultimo decennio (peccato per l'orrendo sequel che Marshall ha solamente prodotto e che io ho rimosso completamente). Infine Doomsday era un mediocre minestrone di citazioni in salsa Carpenter. 

In Centurion si ha la sensazione che Marshall sia rimasto profondamente colpito dal primo quarto d'ora de Il Gladiatore, dove le legioni romane affrontano l'orda barbarica in Germania, ed abbia voluto esploderlo in novanta minuti di film. 

Qui siamo in Britannia e i nemici sono i Pitti ma il tipo di ambientazione è lo stesso, stessi costumi, stesse scene di combattimento che, rispetto al pur truculento capolavoro di Ridley Scott, sfociano un pizzichino di più nello splatter, stesse scelte registiche, stessa fotografia, perfino stesso testo narrativo d'apertura con la stessa musica. 

Pare che il film sia ispirato alla misteriosa storia della legione romana denominata La Sventurata, scomparsa misteriosamente senza lasciare traccia. Nella fiction, una bella pitti di nome Etain, privata dei genitori, torturata e violentata dai romani in tenera età, è cresciuta diventando una sorta di implacabile donna-lupo (a proposito di Dog Soldiers) assetata di vendetta e riduce una legione di 3000 elementi ad un manipolo di uomini. 

Il cacciatore diventa la preda e non si sa più per chi fare il tifo. Infatti, Quintus Dias, interpretato da Michael Fassbender, il centurione protagonista della storia e il suo drappello, tutti ben approfonditi e un tantinello stereotipati, legati da fiero e nobile cameratismo, non sono i tipi da commettere efferatezze gratuite fuori dal campo di battaglia. Non tutti, almeno. E si tenderebbe a simpatizzare per loro. 

Tuttavia, anche Etain ha le sue ragioni legittime e i Pitti sono, in fin dei conti, le vittime di un'invasione. I richiami al Vietnam e all'Iraq sono palesi. L'epilogo e il personaggio di Arianne, una pitti esiliata per stregoneria, ci dicono che il confine tra il bene e il male non è mai così marcato. 

Tutto sommato è un film onesto e divertente, un'ora e mezza che scivola via in modo piacevole ma non racconta nulla di nuovo e tutto sa di già visto. 

Senza infamia e senza lode. 

Francamente, da Marshall mi aspetto molto di più, o mi viene da pensare che The Descent sia stata davvero l'eccezione alla regola.


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