domenica 16 gennaio 2011

"Una vita che ricorda continuamente la morte non è vita."


Prova singolare, quasi controversa, questa di Clint Eastwood che ci aveva abituati a storie con i piedi ben piantati a terra e che stavolta si spinge sul confine del paranormale. Sul confine, badate bene. Non oltre. 

Ed è proprio su quest'equilibrio che si regge il film, sul limite tra la vita e la morte percorso da tre personaggi destinati ad incontrarsi: una giornalista francese che resta quasi uccisa dallo tsunami ed ha un'esperienza di pre-morte che sconvolge la sua visione della vita fino a mettere a rischio la sua carriera; un ragazzino che perde suo fratello gemello, investito da un'auto, viene allontanato dalla madre tossica e vivrà una vicenda in puro stile Shyamalan, tra fede e coincidenza; infine un medium, interpretato dal sempre ottimo Matt Damon, il cui dono risulta una condanna che gli impedisce di allacciare relazioni. 

Più che puntare sul tema dell'aldilà, il film verte sul superamento dei traumi, sulla solitudine che possono comportare e su come solo gli individui che hanno vissuto certe esperienze possano davvero empatizzare gli uni con gli altri. 

C'è qualche difetto di sceneggiatura, qualche dialogo banalotto e un po' di lungaggini ma è una pellicola che funziona e trascina grazie alla regia sempre precisa e misurata di Eastwood che ha il merito di trattare l'argomento in modo garbato e affatto pretenzioso. 

Come il regista stesso ha dichiarato: "I miei film non vogliono dare risposte. Solo suscitare domande."

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